di Pierangelo Colombo

mercoledì 18 aprile 2018

Incontro con l'autore; Ioannis Tsiouras


Ioannis Tsiouras nasce in Grecia, dove compie la sua formazione scolastica; successivamente si laurea in Ingegneria in Italia dove vive da più di quarant’anni. Nell’ambito professionale le sue esperienze trovano consensi attraverso la pubblicazione di libri e articoli su riviste a livello internazionale. Gli studi classici e scientifici, prima alle medie, e in seguito alle superiori ed infine all’università, hanno seminato in lui la passione per la filosofia e per la scienza.

 
Siamo felici di poter ospitare sul nostro blog l’autore Ioannis Tsiouras. Innanzitutto cominciamo con il conoscerlo meglio.
-Possiamo darci del tu?
-Senza dubbio!
È un grande piacere per me essere vostro ospite e ti ringrazio.


-Quanto tempo occupa la scrittura nella tua vita?
-Ho iniziato a scrivere e a pubblicare circa 20 anni fa; si trattava di libri relativi ad argomenti della mia professione, cioè inerenti al management e ai sistemi di gestione, visto che mi occupo di consulenza e di formazione nell’organizzazione aziendale e in particolare di risk management, la sicurezza delle informazioni e la continuità operativa del business. Questi argomenti trovano applicazione nelle aziende che sono alla ricerca dell’eccellenza nel business.
Gli studi classici e scientifici, dapprima alle medie e in seguito alle superiori e all’università hanno seminato in me la passione per la filosofia e per la scienza. Perciò, ho sempre scritto, ma senza pubblicare. Nel mio cassetto ci sono tante opere non pubblicate.
Attualmente scrivo durante la notte e nel fine settimana.


-Qual è stato il romanzo o l’autore che più ha segnato la tua formazione?
-I miei romanzi sono saggi divulgativi di concetti filosofici, scientifici ed esoterici. Non sono romanzi distensivi e di divertimento.
Nella filosofia e nella scienza non si può parlare di un autore, ma di pensieri, dottrine e filosofi. Personalmente sono affascinato dalla filosofia pitagorica, dalle opere di Esiodo, dai presocratici (Eraclito, Parmenide, Zenone) e dai socratici (Socrate, Platone, Aristotele).
Oggi, chi cerca di dare una risposta alle domande filosifiche ed escatologiche non sono i filosofi, ma gli scienziati.
Se vogliamo parlare di autori e di opere, posso dire che ho letto tutto quello che ha pubblicato il prof. Stephen Hawking, lo scienziato scomparso recentemente, e diversi saggi scientifici sulla meccanica quantistica. Un libro eccezionale che mi ha dato diverse risposte a interrogativi che avevo in materia di religione è L’illusione di Dio di Richard Dawkins, come anche il libro Pensiero Fuzzy di Bart Kosko, sulla logica sfumata o sfocata; il saggio Che cos’è la vita? di Erwin Schrödinger, il saggio Biocentrismo di Robert Lanza, le opere di Ermete Trismegisto (Corpo Ermetico e Kybalio e altre), Il Tao dell fisica di Fritjor Capra, La lampada della Conoscenza non-duale di Advaita Bodha Dìpikà, Chi son io? di Ramana Maharshi e tanti altri, lo yoga che pratico da diversi anni. In ultima analisi, la filosofia dello yoga è la comprensione della non-dualità della realtà, la non separazione tra il corpo e la mente, l’illuminazione cioè si verifica quando il soggetto, l’oggetto e l’atto dell’osservatore sono compresi come essenzialmente unitari. Questa è anche l’impostazione della meccanica quantistica. L’unità dello yoga avviene quando non esistono più né “io” né “tu”, esiste solamente una coscienza che è consapevole del “Tutto”.
Quindi, come hai capito, tutto questo ha contribuito alla mia formazione.


-Le tue radici, e la passione per la cultura greca, che influenza hanno sul tuo stile di scrittura?
-Ognuno di noi è la sua storia.
Dicono che l’evoluzione è cumulativa; ogni esperienza va ad aggiungersi alla serie di esperienze cristallizzate del passato. Il mio passato, in modo particolare quello che mi ha plasmato, è quello che ho vissuto in Grecia durante il periodo scolastico. Quindi la cultura classica ha influenzato moltissimo il mio carattere e il mio stile di scrittura.


-Quanta importanza ha nel tuo lavoro la componente filosofica?
-Come ho detto prima, ormai per me non c’è distinzione tra filosofia e scienza. La mia cultura è impregnata di filosofia e scienza. Infatti, i miei libri trattano argomenti filosofici con interpretazione scientifica.

 
-La cultura greca, grazie a una straordinaria fantasia inventiva, ha prodotto un lessico molto ricco di significati e suggestioni. Quanto, di questo patrimonio, ti ha fornito degli strumenti di spunto?
-La mitologia e il linguagio lirico nell’epica omerica, nelle opere di Esiodo e nelle tragedie mi avevano affascinato fin da piccolo. Queste opere, ognuna con il suo linguaggio particolare, dipingono scenari mentali affascinanti. Iliade e Odissea sono opere diverse tra loro, ma entrambe sono di un fascino straordinario. L’Iliade, poema compatto, diretto, terribile e luttuoso come diceva Aristotele nella Poetica, è il canto della primissima guerra mondiale che narra scene di battaglie corpo a corpo nelle quali spesso erano coinvolti anche gli dei. L’Odissea, canto complesso, è pieno di svolte e flashback e di proiezioni in avanti.
La nascita del pensiero nel mythos (μύθος) e nel logos (λόγος) con la cosmologia di Esiodo descritta in termini mitici, con i presocratici che ragionano sull’Archè (Αρχή) in termini di elementi naturali (acqua, aria, fuoco, terra), che per primi hanno discusso dell’essere e del divenire  (come il primo grande duello della storia di filosofia che dura fino oggi, cioè l’essere è, il non essere non è di Parmenide e il panta rei di Eraclito), con i paradossi di Zennone espressi in modo enigmatico, entra in azione la meraviglia descritta da Aristotele all’inizio della Metafisica, il filosofare, cioè l’amore per la sapienza e per il mito, che vuol dire poesia e arte.
La conoscenza, come testimoniano le tragedie (Edipo il re di Sofocle, Elettra di Euripide, Orestea di Eschilo e tutte le altre) nasce nella tragedia, con la sofferenza e la morte. Come non essere colpiti e affascinati da Socrate, che beve tranquillamente il veleno, mentre parla della morte e dell’immortalità?
Ecco, io sono cresciuto con queste culture e ho studiato questa straordinaria fantasia inventiva e grazie alle quali ho avuto strumenti e spunti formidabili per scrivere.


-Hai dei luoghi dove trovi più ispirazione?
-Si, ci sono due posti che mi aiutano a pensare e a trovare l’ispirazione: il mio piccolo studio ritagliato in un angolo dell’appartamento con la vista verso la Cupola Antonelliana di San Gaudenzio e nell’appartamento fronte mare a Celle Ligure. Due posti fantastici!


-Il tuo ultimo romanzo Il desiderio dell’immortalità è dedicato ad Alessandro Magno. Come mai ti ha ispirato questo personaggio?
 -Il desiderio dell’immortalità è il mio ultimo romanzo. È da tempo che volevo scrivere qualcosa su Alessandro Magno. Sai, io sono Macedone, sono nato nella Macedonia greca, quella originale, e precisamente nella regione sud ovest dello stato di Macedonia di Filippo II, padre di Alessandro. Alessandro Magno è un mio antennato e ne sono fiero.
La sua presunta ascendenza divina, confermata in parte anche dalla Pizia dell’Oracolo di Delfi e dai sacerdoti dell’Oracolo di Zeus Amone, ha innescato in lui la scintilla del desiderio dell’immortalità. Non sappiamo se è stato accolto dal suo presunto padre sull’Olimpo, ma siamo invece sicuri che abbia conquistato l’immortalità per aver dedicato la sua giovane vita a unire i due mondi, l’Oriente e l’Occidente, e a creare una nuova civiltà e una nuova cultura fondendo quella ellenica con quella orientale.
Il romanzo è una poesia, racconta con stile lirico il desiderio di Alessandro Magno per l’immortalità. Alcuni lo hanno definito onirico e trascentente. La prof. Federica Monghozzi, che tu forse conosci, nella sua recensione l’ha definito appassionato e profondo.

 
-Passiamo ora al tuo libro più importante: E come stella in cielo il ver si vide. È un romanzo saggio, quali sono i contenuti di cui tratti?
-Si, in effetti E come stella in cielo il ver si vide è il mio romanzo più importante ed è dedicato a Mattia, il mio nipotino che ha ereditato ¼ del mio genoma e che ha alimentato le mie speranze.
È un dialogo che ho iniziato ad avere con il mio nipotino nel periodo in cui abbiamo saputo del suo  concepimento ed è durato fino alla nascita. 
Il romanzo ha due anime: la prima è quella sentimentale ed emotiva che viene dal cuore. Il rapporto che è venuto a crearsi tra noi è costruttivo ed è pieno di confronti e di racconti, di aneddoti, di scoperte, di viaggi nella mitologia, nella storia, nella scienza e nella genetica, incentrando il mio discorso sulle radici greche del pensiero e della conoscenza nel mondo occidentale. La seconda anima è quella razionale, perché il dialogo nasconde nell’intreccio ragionamenti di altissimo livello e ha l’intento di diffondere contenuti di stampo saggistico-divulgativo del tipo filosofico, scientifico ed esoterico, come il tempo, l’entropia, la realtà come la percepiamo noi con la fisica classica e come la studia la fisica quantistica con i suoi enigmi nel mondo microscopico, intrecciato con il fascino profondo della filosofia orfico-pitagorica, presocratica e socratica, tutto attraverso le parole di Esiodo, Omero, Platone, Aristotele, fino a Dante.
Il contenuto del libro è tutto una riflessione sulla vita. Il pensiero profondo su che cos’è la vita, qual è la sua origine, il perché esistiamo, qual è la sostanza di tutte le cose, come possiamo spiegare la molteplicità delle cose che esistono in natura in relazione all’Uno; domande che ancora oggi sono senza risposta. Filosofi e scienziati, teologi a servizio delle religioni, maghi e sciamani, poeti e navigatori hanno provato nei secoli dei secoli a dare una risposta a questi interrogativi fondamentali.
Nessuno ancora ha una minima idea su quando s’inizi a vivere; non si sa quando l’anima decida di saltare nel petto e prendere in possesso le cellule e regalare la vita. È tutto un mistero!
Ognuno di noi cerca, prima o poi, di dare un senso alla propria vita.
Per me il vivere è conoscere, apprendere, comunicare e sapere. La cognizione coincide con il processo stesso della vita.



-Ci descriveresti la trama?
-La cornice narrativa è molto semplice e interessante. Un nonno è in attesa del suo primo nipotino e instaura un dialogo che parte dal momento del concepimento, prosegue lungo la sua crescita nel grembo della madre fino ad arrivare alla nascita. È un dialogo continuo con un’entità non ben definita. Questa entità parte da un ovulo e da uno spermatozoo che si incontrano, poi diventa embrione, poi feto … è ancora senza una sua identità. Questa è la magia della natura o di un progetto divino!
Il nonno parla con il suo nipotino e gli spiega le premesse della sua venuta al mondo, cercando di trasmettergli delle basi utili per potersi muovere nel mondo sviluppando un pensiero critico. Il nonno, che si è fatto carico dell’educazione del suo discendente ancor prima della nascita, parte per un viaggio immaginario attraverso il tempo e i ricordi, riportando dialoghi salienti intrattenuti con amici, parenti e conoscenti sulla filosofia, la scienza, la biologia, la storia, la mitologia e la religione e incentrando il suo discorso sulle radici greche del pensiero e della conoscenza nel mondo occidentale.
Il rapporto che viene a crearsi tra i due è costruttivo ed è pieno di racconti, di aneddoti, di scoperte, di viaggi nella mitologia e di confronti. 
È evidente che, essendo un romanzo divulgativo, il nipotino in questo viaggio rappresenta il lettore e l’umanità intera che attraverso il dialogo cerca la verità.
È un romanzo in parte autobiografico. Nel racconto raffiorano vicende ed eventi della mia esistenza ed esperienza, necessari a impostare il futuro rapporto con mio nipote.


-Direi che il motore principale del romanzo è il desiderio di conoscenza che caratterizza l’uomo e, soprattutto, la volontà di tramandare questa conoscenza. Come giudichi questa società dove l’anziano ha, per la maggior parte dei casi, perso lo status di saggio? Quali saranno le conseguenza nei confronti delle giovani generazioni?
-È una domanda molto interessante e impegnativa.
In effetti, secondo i canoni della vita che è anche il mio punto di vista, una persona anziana dovrebbe essere “saggia”, cioè capace di pensare, di riflettere e di seguire la ragione in ogni circostanza, con equilibrio e prudenza e decidere in modo consapevole dando utili consigli.
Come dicevo, ognuno di noi è la sua storia e tante storie insieme fanno la storia della società. La nostra società è figlia delle esperienze passate. I nonni di oggi che erano i padri di ieri, oggi raccolgono ciò che hanno seminato.
Una persona “saggia”, quindi, non diventa saggia di colpo; è saggia perché ha cristallizato in passato esperienze che, come il sorite di Zenone, lo hanno portato a raggiungere uno status consapevole. 
Se l’anziano di oggi ha perso lo status di saggio, vuol dire che coglie la realtà con una visione distorta rispetto alla normalità, non pianifica, non è capace di ragionare e di dare consigli utili.
I giovani della nostra società hanno bisogno del patrimonio culturale degli anziani, ma ancora di più dell’organizzazione dello stato. Penso che si debba partire dai governanti, sono loro che devono sforzarsi di creare la coesione nazionale. Sembrerebbe che nel nostro paese e nella nostra società non solo gli anziani abbiano perso la saggezza, ma anche i politici che decidono per noi e per il futuro delle giovani generazioni. Decidere senza essere consapevoli dei risultati delle loro decisioni è devastante per il paese e per le future generazioni.  I politici che ci governano devono essere scelti non solo sulla base del numero dei voti, ma anche sulla base della loro cultura ed esperienza, così come ha scritto Platone nella Repubblica, cioè “se quelli che ora chiamiamo governanti non coltivano davvero e seriamente la filosofia…è impossibile che cessino i mali delle città e anche quelli del genere umano". In effetti, ad Atene, per diventare governanti il percorso era lungo e duro.
Solo la conoscenza, la sapienza e la consapevolezza ci salveranno.
Ai giovani vorrei dare un messaggio: abbiate il coraggio di conoscere e di essere ottimisti, perché, come dice Havel Vàclav, la speranza non consiste nella convinzione che qualcosa andrà bene, ma nella certezza che qualcosa abbia senso! La vostra vita ha un senso e deve essere vissuta con dignità e onestà, perché la vita è bella e il mondo è meraviglioso!
Siamo fortunati a vivere in un’epoca con grande potenzialità in cui l’umanità cerca di superare i limiti della comprensione e siamo disposti a spostare le colonne di Ercole.


-La figura di spicco del romanzo è un nonno in attesa del proprio nipotino; quanto hai attinto dell’esperienza personale per creare il personaggio?
-Ho vissuto l’attesa del nipotino e della nipotina con molta emozione e che ho espresso nei due romanzi con molta consapevolezza. Sono stati dei momenti bellissimi. Ho immaginato di averli davanti a me e di discutere con loro come se fossero dei bambini cresciuti.



-Quali difficoltà hai trovato nel cercare un linguaggio che rendesse comprensibile i concetti di filosofia e scienza a chi non ha dimestichezza su tali temi?
-Uno degli scopi dei miei romanzi è infatti quello di diffondere concetti filosofici e scientifici come il tempo, l’entropia, la meccanica quantistica con le sue stranezze, il senso della vita e tanti altri.
Le difficoltà sono state enormi. Per rendere questi concetti semplici è stato necessario usare un linguaggio accessibile a tutti, usando degli esempi della vita quotidiana.
Ho pensato che per riuscirci avrei dovuto immaginare un dialogo appunto con un bambino, senza esperienza e con la mente ancora da plasmare.
Spero di esserci riuscito.


-Tre aggettivi per definire il tuo libro.
-Originale, allegorico e gnoseologico.


-Hai progetti a cui stai lavorando?
-Ho la passione per la diffusione della conoscenza e lo faccio attraverso la scrittura; perciò è difficile smettere.
Dopo Mattia è nata la seconda nipotina, Sofia. Non potevo rimanere in silenzio e ho iniziato a scrivere il racconto breve: Sofia, uno, due, tre, quattro… dieci, Tetraktys!, con il quale ho partecipato al Concorso Nazionale di Narrativa organizzato dal centro Culturale La Canonica (edizione 2016/2017), vincendo il terzo premio.
Adesso questo racconto breve sta crescendo e sta diventando un altro romanzo. Penso di pubblicarlo entro la fine di quest’anno. È un elogio della matematica, della logica, della conoscenza, ma soprattutto del “Γνωθι σαυτον - Conosci te stesso”. Fa un tuffo nei paradossi, nelle stramberie della meccanica quantistica, nel vuoto e nel pensiero quantistico; tratta l’illusione e la percezione della realtà,  la coscienza e la meditazione attraverso la quale si può arrivare alla “beatitudine” e alla “verità”.

 

Hai qualcosa da dire che non ti ho chiesto?
Diverse persone mi hanno scritto per ringraziarmi per il romanzo E come stella in cielo il ver si vide. Uno in particolare mi ha scritto:  Questo libro non si valuta solo per le sue ultime parole, bensì sull’effetto cumulativo di tutte le parole che le hanno precedute. Perché tutto il libro è un viaggio nella conoscenza e nei misteri della natura  per scoprire la verità.
Questo libro non si legge tutto di un fiato. È un libro che induce alla riflessione e viene letto piano, perché i concetti che vengono descritti devono essere assaporati.
All’incirca un secondo dopo aver finito il tuo libro, mi sono pervaso da un’emozione potente. Per un istante ho pensato soltanto a tutte le cose che ho letto, ho riguardato la copertina e ho sorriso con soddisfazione. Ho capito che questo libro non lo abbandonerò mai e sono tornato a rileggerlo.”

 

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